Egitto, la romanzesca genesi dell'Ospedale italiano del Cairo


Fondato dal chirurgo siciliano che salvò la vita a re Fuad

IL CAIRO, 10 GEN - La romanzesca genesi dell'Ospedale italiano del Cairo, strettamente legata alla Casa Reale egiziana a cavallo tra Ottocento e Novecento, viene rievocata in alcune pagine di un libro pubblicato di recente da un pronipote del suo fondatore Empedocle Gaglio.

Il nosocomio, intitolato a re "Umberto I", è un punto di riferimento sanitario d'eccellenza per l'intero Egitto. Nel libro "Il mio karma" scritto per i tipi "Edp Monaco" da Eugenio Benedetti Gaglio, ex-imprenditore e da anni presidente della Società Italiana di Beneficenza (S.I.B.) Fondazione Benedetti, si ricorda come la struttura abbia curato anche "due generazioni di Reali d'Egitto".

Il principe Fuad, poi divenuto sovrano dopo l'abdicazione del fratello, Hussein Kamil, studiò per molti anni in Italia, tra Roma, Torino e Napoli, dove ottenne il "titolo di Maestro della più ininterrotta 'Comunità Massonica di Rito Egizio Tradizionale'", scrive Benedetti il quale ricorda che anche Empedocle "era affiliato" alla "Massoneria Egiziana" nella città partenopea.

"Fuad chiaramente mirava a crearsi al Cairo un suo 'Fiduciario italiano' personale", sostiene il pronipote nel libro pubblicato in autunno e che, in queste pagine, riprende una ricostruzione fatta l'estate scorsa dal quotidiano egiziano Al Akhbar: all'avo (cognato della nonna materna, Eugenia Gaglio) fu conferito l'incarico di "Medico della Real Casa".

Nella capitale egiziana Empedocle, nato nel 1868 ad Agrigento, era arrivato poco prima vincendo un concorso bandito dall'Università di Roma per un "chirurgo residente al Cairo" senza specificarne le mansioni: una circostanza che induce Benedetti a evocare velatamente che fosse tutto già combinato grazie all'appoggio del re Umberto I per il giovane principe egiziano, il quale considerava l'Italia come una sua seconda Patria per i lunghi anni ivi vissuti sotto la protezione sabauda.

La personale protezione del sovrano e la promessa di ripianare qualsiasi disavanzo del nosocomio, nel racconto di Benedetti, sono dovute soprattutto all'intervento con cui Gaglio salvò la vita a Fuad cui il fratello della sua consorte, la principessa Shivakiar Hanum, aveva tirato "una pistolettata in faccia": con un "tempestivo intervento", il medico gli estrasse con successo la pallottola "conficcata alla gola".

L'Ospedale venne costruito in meno di un anno tra il 1901 e il 1902 su un terreno di "ben 15.000 metri quadrati" donato dalla Casa Reale nel quartiere di Abbasieh, dove è tutt'ora e fu intitolato alla memoria dell'appena assassinato re Umberto in segno di gratitudine per il suo sostegno politico. La direzione, ovviamente, fu affidata a Gaglio.

"Fuad, e dopo di lui Farouk, protessero Empedocle per tutta la vita fino ad esentarlo dall'internamento (militare) durante la guerra", scrive Benedetti: "egli fu l'unico italiano in Egitto a circolare libero con la sua auto (una Bugatti d'epoca)" e poté giustificare presso il suo ospedale "ogni degenza di prigionieri italiani, ospitati", sulla "parola", "in estradizione dai campi britannici d'internamento bellico".


Fonte: ANSAMed

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